Punto e a Lapo
Tiri fuori la lingua chi se lo aspettava. Tra un battuta d'arresto di Mirafiori e una di spirito di quella mascherina di un Lapo, la Fiat torna in pista e corre come una Panda indiavolata. Ventitremila ordini in poche settimane dal lancio di Big Point, l'auto cicciona di ultima generazione; e poi lo spericolato arrembaggio degli Agnelli sulla tolda di comando del Lingotto in barba agli avvoltoi-banchieri. Bei colpacci, non c'è che dire. Un pizzico di culo, manovre da furbetti del lingottino e smile sabaudi che stenderebbero anche il conte dracula. A certe vecchie volpi non si riesce neanche a sfilare la fidanzata, figurarsi l'aziendina. In fondo però il merito è tutto di Lapo. Il capitano coraggioso che ha aperto le finestre e colorato di fresco le asfittiche sale di corso Marconi. Al posto della solita partner altolocata si è scelto una figurante di bassa qualità e scarsa cultura. Invece di produrre scocche avveniristiche ha sfornato scarpette e maglioni. Il tutto accompagnato da flute di prosecco, coca, pasticche e campagne pubblicitarie "simpatia". Lapo, col suo nome un po' così, e quella faccia da sciatore di tarda primavera, ha finalmente posto le basi per il futuro di Torino senza Fiat, e di una Fiat senza Lapo se continua a sniffare come un minotauro. E di tutto ciò gliene saremo profondamente riconoscenti. Tanto da perdonargli la nomina del babbo Elkann a presidente della Fondazione del Museo Egizio. Una poltrona sotto la Mole non la si nega a nessuno.
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