L'uva passa
Stappano bute su bute di Barolo i lanzichenecchi della Langa. La piccola orda, immagazzinata su pulman o avviluppata in Mercedes d'annata, scala alla chetichella le colline partigiane. Sbronza di nebbia e profumi del Piemonte chic, l'accozzaglia nordica stacca assegni e compra qualche rudere sperduto. Una mano di vernice accompagnata dal manuale dell'architetto fai da te e la cascina de "La Malora" diventa una raffinata ed ecologica villetta con tanto di impianto fotovoltaico sul tetto. Il Torinese sta a guardare. Ride e gode delle vendemmia dei biondi. Aspetta a casa leccandosi il naso la ciucca da novello, proprio come fanno i francesi. Intanto occhiegga torvo i marocchini che sovrappopolano di baffi e bambini coranici la bella Porta Palazzo. Bell'affare. La bagna cauda mi esce dalle orecchie. Langhe e Roero prendono quota con la Borsa del tartufo e del vinello, mentre i turineis si contendono i sanpietrini con i maomettani. Tutto intorno le scosse della metalmeccanica fanno trattenre il sospiro anche al più coraggioso dei gianduiotti. L'uva passa, la Fiat no. Dondolano la labbra, ormai col turbante in testa, tutti i cittadini del capoluogo. Poco male. Ci pensano i popoli evoluti a popolare le campagne e a far soldi a palate sui Pavese, i Fenoglio, i formaggi e la vinaccia d'altura. Dalle nostre parti l'obiettivo è un posto per tutti all'alta velocità. sì sì schizziamo via.
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