mercoledì, agosto 31, 2005

Lesson N°2: perdere le staffe

Torino è casa sua


Lo sport cittadino è (moviola permettendo) sputare sul piatto dove si consuma la biada quotidiana. I torinesi sono maestri assoluti in questa disciplina. Nessuno escluso. O quasi. Infatti da un po' di tempo qualche furbetto gianduiotto ha preso a smarcarsi dal sano e comunistissimo autolesionismo cittadino annusando - nel tenue venticello sotto la Mole - nuove opportunità da cogliere nell'arte della lusinga cortigiana. E' il caso di Culicchia, sedicente scrittore, ignoto ai più, ma ben conosciuto trai quattro gatti del cortile (ex?) Fiat. Dopo valanghe di articoli imbrattati su giornaletti locali, il dottore in lettere, si è gettato a capofitto in un'opera che, presto completata, oggi abbonda in tutte le librerie del capoluogo sabaudo. Abbonda a tal punto, su scaffali e vetrine, che ci si augura sia un "worst seller da antologia" . Un prodotto destinato al macero e ai processi del riciclo. Tuttavia il successo tanto strombazzato non mancherà. E se così non fosse, qualche testa d'uovo, ci convincerà del contrario. Infatti il super-promozionato libercolo si fa scudo di un titolo accattivante, modello sbandati dei Subsonica, ed è "Torino è casa mia". Fiko. Rivalutiamo con affetto, in versione Gozzano leccaculo, questo accampamento romano adibito a fabbrichetta fumante. Bisogna saltare tra i cerchi olimpici e sorridere! Alla maniera di Miss Sorriso 2006 Evelina. Bene. Bene. Tutti accucciati lasciamoci raccontare dal Culicchia, questo meraviglioso microcosmo turineis, sconosciuto al resto del pianeta, popolato di "fichetti" scontrosi, tamarretti buffi e studenti annoiati ma "con una marcia in più". Insomma per seguire la scia di qualche degno scribacchino di qualunque città europea. Ecco. Invece, io, per non essere da meno, vorrei proseguire nell'arte cittadina, e sputare fiotti di veleno sul book del nostro eccelso writer. Ma sì, un po' di ferocia ombrosa, anonima beninteso, lugubre e rancorosa. Roba da cagnacci di provincia, bastonati notte e giorno dal padrone ed evasi con la rogna dal canile. Parole arrugginite che fanno sobbalzare i radical chic di città: "Ma seempre criticare! Roba da provinciaali! Poi si spiega il perché gli italiani non amino Torino. Ne paarliamo seempre così maale". Sì sì sputiamoci sopra con veemenza, almeno con quella che ci è rimasta dopo il crollo dell'auto, la scomparsa della nebbia e l'elezione a sindaco del villaggio di Chiampaghigo. Non perdiamo il fantastico dono dell'invettiva amara in cambio dell'adulazione appiccicosa. Tiriamo fuori dalla viscere quell'odioso carattere piemontese, schivo, meschino, solitario e diamogli fiato abbinandogli il peggio della mentalità del sud approdata in città per lavorare nelle presse di Monzù Agnelli. Un bel cocktail di chiusura mentale e rigidità del nord, miscelata con arroganza e pressapochismo. Bene. Altro che "Napoli che va in montagna", come cantava quello stonatone supremo di Venditti. Qui sotto il cielo umido è tempo di Vendetta.
Nb.
il libro di Culicchia non l'ho letto. Come per i suoi articoletti non mi riesce di andare avanti dopo poche righe. Mi dà noia. Si atteggia troppo a scrittore, cosa che non è. Un pirla alla ricerca di uno stile è la cosa più urticante che possa colpire gli occhietti del lettore. Scrivesse in modo più banale, potrebbe essere divertene. Ma un idiota che si elegge a poeta cittadino cosa volete che faccia.

Arrivedorci, spero l'aranciata vi vada di traverso.

hits.