lunedì, ottobre 31, 2005

Tav di Susa


Si scalda la valle più fredda d'Italia. Ad accendere la scintilla si son messi di buzzo buono i buzzuri del Piemonte (gli squaquers), le teste congelate dei cow boys di montagna e le spranghe della Madama, il braccio armato della presidentessa Mercedes Bressa. "Scontri in Val di Susa contro l'alta velocità" - hanno prontamente strombazzato i media locali facendo venire l'orticaria anche ai francesi che della Torino - Lione iper veloce se ne infischiano allegramente. E infatti non c'è ragione di perdere il sorriso né di sbrodolare la minestra sulla ginocchia o di smettere di grattarsi le narici. L'alta tensione sul futuro trenino della competitività è una bella opportunità per scendere un attimo dalle carrozze e fare due risate gratis a crepapelle. I valligiani hanno condotto un corteo in segno di protesa contro i sondaggi per la Tav sostanzialmente per tre questioni. La prima d'ordine ambientale: gli scavi nella montagna, oltre a partorire il solito topolino (ma chi è che si inventato questa bavosa frase fatta?), potrebbe resuscitare il cazzutissimo amianto che riposa tranquillo nelle sue viscere. La seconda ha radici storiche: la Val di Susa ha già dato - dicono i muccaioli della zona - Di qui passano strade, tunnel, fili spinati, elicotteri, aerei, le olimpiadi, gli sciatori, gli juventini. Infine la terza è prettamente economica: "Embè perché spendere tutti sti soldi per fare due binari entro il 2018, quando il resto dell'universo viaggerà smaterializzandosi tra e-mail, play station e blackberry. Insomma una bella grana, tipicamene gianduiotta, impossibile da sciogliere. Verrebbe quasi voglia di bloccare i treni e sputare in un occhio a Chiampaghigo, che c'entra poco ma ha problemi di salivazione oculare. Invece mi ritorna in mente Sauze d'Oulx, o meglio Salice d'Ulzio come l'aveva italianamente battezzata il Duce. Quel bel borgo rovinato da tre speculatori edilizi torinesi e una dozzina di gretti imprenditori montagnini. Della vecchia località montana non ne è rimasta che la puzza da stalla. Respirabile ad ogni angolo per i ripetutti rutti degli inglesi che se la spassano in questa Disneyland low cost all'inglese a 1300 metri dal livello del mare. Eh sì, perché i valligianotti han pensato bene di mettersi la bombetta e convertire tutti - e dico tutti - i locali, alberghi e balle varie in strutture permaneti per accomodare cafoni britannici. Al poste delle baite, un pub inglese; dove c'era un negozio di verdura, un pub inglese; sulle piste da sci, un altro pub inglese. E quando ti capita di rotolare in uno di questi avanzi di anglicismo, un calabrese al banco ti chiede cosa desideri da bere in sgangherato inglish. Ulzio non va meglio. Pragelato è un cimitero di colori, azzeramento culturale (a pranzo si mangia panino o panino); Bardonecchia è una colonia non profumata dei torinesi, Cesana è una pista da bob e non si sa perché. E via dicendo. La valle l'abbiamo sputtanata da tempo. I sindaci barricaderi, dovremmo usarli come teste di ariete per sfondare la montagna intera e chiedere ai francesi se per favore possono tornare instaurando un novello termidoro.

w napoleone e i cavalieri della tavola rotonda

sabato, ottobre 29, 2005

Amo abboccare


Gli agnolotti taurinensi si spappolano a terra. Gli occhi al cielo, strabuzzanti e liquidi, implorano pietà. 'Aspiterina, manco ali e cosce di pollo con birra possiamo più addentare davanti alla Tv colorata dai mille successi bianconeri. Il de profundis dei pennuti si consuma di fronte a un piatto pieno solo di paura. E' la febbre a 90 che vola con l'influenza degli uccelli dagli occhi a mandorla. I radical- choc sorridono a mezza guancia: "Noi siam vegetariani da prima di Garibaldi - annuiscono col naso di paglia - e l'orrido calcio non si accompagna alle nostre cene". L'altra metà di Torino, quella che sbevazza sotto l'ombra fradicia della Mole, non si cura della peste aviaria. Sfoglia impettita un Baricco d'annata o un fresco Culicchia, giusto per mandar giù un lattiginoso male di vivere de noantri. Ma le galline cuneesi sono depresse e non sflogliano più margherite. E tutto l'hinterland che aspira a una vacanza in Spagna segue con terrore i titoli strombazzati da giornali e televisioni. Oltre alle cacche dei piccioni, dall'alta quota piomba in testa la malattia del pollame. Brutto affare. A Torino e dintorni, tutti - pro o contro - drizzano le antenne, per sintonizzarsi sulle prossime novità. I boccaloni compaesani, divisi tra tifosi dello slow food e frequentatori di grigliate ai giardini, chiaccherano di quest'Oriente portatore insano di disgrazie. Nessuno ha ancora inquadrato i nanerottoli gialli, ma si percepisce una minaccia più estesa di un battito d'ali. A me invece, tocca masticare ruggine. Contro i criticoni che hanno battezzato, guarda caso, "gabbie per i polli" i bei tendoni olimpici che addobbano piazza Vittorio, chiedo venia. Non sanno, non capiscono, si ingozzano soltanto.

ora mi girano le palle. spero non riusciate a slacciarvi le scarpe almeno per una settimana e che i calli da mocassino vi espodano tra tacco e punta

domenica, ottobre 23, 2005

Lesson N° 6: Time to say good bye

sabato, ottobre 22, 2005

La metropolitona



C'è qualcuno giù in città. Secchiello e paletta, scava come un matto notte e dì nelle oscure profondità del suolo, un tempo perlustrate solo dalle avance del playboy kamikaze Pietro Micca. Questa volta però l'effetto esplosivo si chiama Valentina, il mega fallo trapanatore che la pruderie locale ha voluto ingentilire nel nome per ovvia e dovuta Lapologia taurinense. A colpi di dinamite, spintarelle, il su e giù di Valentina ci regalerà la prima grande metropolitona trans-cittadina. Una sola linea, come la temperatura media del sindaco Chiampaghigo, che collegherà Rivolì a Port Susa. Un lusso atteso cinquantanni, stoppato a lungo - dicono i maligni - dall' impera e non divide della banda del buco Fiat. Il tunnel, che sia metrò, Tav o Frejus, non s'ha mai da fare dalle nostre parti. Al limite ci si entra per non uscirne più. Ma ora sotto sotto la Mole, ma proprio sotto e anche un po' lontano, i gianduiotti potranno percorrere ogni santo giorno corso Francia senza vedere la luce del sole. Una strategia olimpica, giusto per stare lontano dai siti sportivi e far consumare suole e benzina agli stranieri. Quelli senza autista, of course. Per il 2012, quando la città sarà popolata solo da rospi e due cassaintegrati, il metrò allungherà la seconda gamba verso il Lingotto. Due passi, azzoppati, per ricordare quanto sarebbe stato comodo, utile, intelligente, raggiungere underground il Palavela, l'Oval, Palaghiaccio durante i Giochi del 2006.

sabato, ottobre 08, 2005

Punto e a Lapo


Tiri fuori la lingua chi se lo aspettava. Tra un battuta d'arresto di Mirafiori e una di spirito di quella mascherina di un Lapo, la Fiat torna in pista e corre come una Panda indiavolata. Ventitremila ordini in poche settimane dal lancio di Big Point, l'auto cicciona di ultima generazione; e poi lo spericolato arrembaggio degli Agnelli sulla tolda di comando del Lingotto in barba agli avvoltoi-banchieri. Bei colpacci, non c'è che dire. Un pizzico di culo, manovre da furbetti del lingottino e smile sabaudi che stenderebbero anche il conte dracula. A certe vecchie volpi non si riesce neanche a sfilare la fidanzata, figurarsi l'aziendina. In fondo però il merito è tutto di Lapo. Il capitano coraggioso che ha aperto le finestre e colorato di fresco le asfittiche sale di corso Marconi. Al posto della solita partner altolocata si è scelto una figurante di bassa qualità e scarsa cultura. Invece di produrre scocche avveniristiche ha sfornato scarpette e maglioni. Il tutto accompagnato da flute di prosecco, coca, pasticche e campagne pubblicitarie "simpatia". Lapo, col suo nome un po' così, e quella faccia da sciatore di tarda primavera, ha finalmente posto le basi per il futuro di Torino senza Fiat, e di una Fiat senza Lapo se continua a sniffare come un minotauro. E di tutto ciò gliene saremo profondamente riconoscenti. Tanto da perdonargli la nomina del babbo Elkann a presidente della Fondazione del Museo Egizio. Una poltrona sotto la Mole non la si nega a nessuno.

hits.