mercoledì, novembre 30, 2005

Ginocchio al ragù

Gli hanno fatto male, tanto male, malissimo, ancora una volta. Dopo la tirata di orecchie in quel di Israele, gli sputacchi a tutti i G8 e le e-mail brutte brutte che non si può nemmeno ripetere in sussurri il contenuto, il compagno Agnoletto è stato colpito dalla ferocia celerina piemontese nel suo organo più caro. Il ginocchio sinistro, che come per il piedone dell'Armando, el pibe de oro, è macchina di sport e di soldi. Con quel menisco - ora visibilmente maciullato - ha battuto in tempi sospetti tutte le strade della Penisola infilandosi pacioso in cortei, girotondi, manifestazioni contro la finanziaria, la guerra, Berlusconi, il cappuccino a colazione e anche contro se stesso. Ora la lunga marcia è finita. Lo stipendio da parlamentare europeo dovrebbe essere sufficiente per un cambio di gamba, magari fresca di adolescente pakistano e perché no bionica-equo-solidale. Ma l'Agnolotto emiliano non sarà più lo stesso. Perché sul campo di battaglia il sacrificio apprezzato dalla gente è solo quello del martire, chi cade e resta senza vita sul terreno. E per la Val di Susa l'eroe è Ferrentino, the Valley Community President, l'uomo della bassa ciociaria che meglio ha saputo interpretare gli umori del piemonte d'alpeggio facendosi venire un malore durante le cariche degli elmetti blu. Scomparso Ferrentino, morto e sepolto per arresto cardiaco, la Valle ha fermato la Tav. Per sempre. E' lui il nostro eroe. Non il pirlotto rifondarolo in carrozzella. Evviva i caduti del fronte di Venaus! Domani una salva di schiaccianoci è prevista intorno alle 12 al cimintero di Monpantero. E' gradita la presenza delle istituzioni, di Lapo, dei cardinali Fazio e Tonini, e la benedizione di Del Piero.

sabato, novembre 19, 2005

Soluzione altavnativa finale

Il tempo del compromesso è scaduto. Sulla scottante questione Alta velocità/bassa capacità mentale in val di Susa è ora di bruciarsi le mani con il decisionismo piemontese vecchio stampo. L'area è in grave pericolo. Amianto, uranio, diossina, cannabis, fiumi e fumi di scarico ammorbano da mane a sera i polmoni e polpastrelli degli indigeni. Una polveriera pronta ad esplodere ad ogni momento con l'innesco della Tav. Non resta quindi che lo sgombero forzato di tutta la valle. Un provvedimento forse brutale ma quantomai necessario per preservare la salute del popolo No Tav e di Chiampaghigo.
Per arginare il pericolo contaminazione, urge anche un'azione di smantellamento del patrimonio abitativo. Grande perdita, visto che la Stampa è riuscita a dire che grazie all'alta velocità le mura di Venaus ne beneficeranno in rendimenti da capogiro. Insomma la solita storia dei milanesi che verranno un giorno a dormire in Piemonte per schizzare via il mattino e lavorare sotto la Madonnina. Fuori tutti. Al posto della Valsusa costruiamo un gigantesco circuito di formula Uno. Veloce veloce veloce.

lunedì, novembre 14, 2005

Biancaneve

Torino snob festival


All'Horror Lingotto proprio non ci volevano stare. Il multisala Pathé era troppo plebeo, incastonato com'è in un centro commerciale di periferia, tutto musichette in do maggiore e poveracci in cerca di sconti. Il quartiere, poi, l'ex fabbricone Nizza Millefonti, demoralizzava l'arguzia dei critici cinematografici e il sesto senso estetico dei giornalai del manifesto, dell'unità e compagnia bella. Allora per il secondo anno il Torino film snob festival ritrova il suo centro gravitazionale tra via Po e le sue eleganti parallele, via San Massimo, via Baldambembo e corso Zucchero. I luoghi d'elezione della ventreesima edizione si chiamano Empire, Massimo e Greenwich Village (perchè Torino è anche po' come la Grande Mela). Il popolo cinefilo è quindi tornato in ordine sparso giù in città. Sciarpe colorate, gonne lunghe di velluto, gitane a fior di labbra, giacche casual e occhiali dalla ingombrante montatura ma senza tergi cristallo. A preparare il menù di pellicole orientali, trash d'autore americano, cinema di serie E W e Z, ci pensano ancora i due mastri cioccolatai di Torino: Giulia D'Agnolo Vallan (nella foto in alto) e Roberto Turigliatto. Entrambi gianduiotti per nascita, ma nessuno dei due per domicilio e residenza. La Giulia se la spassa a Nuova York come doppia corrispondente (visto il duetto del proletario cognome) di Ciak (eh eh rivista d'autore) e del manifesto (giornale in cerca d'autore). Turigliatto invece insegue i fotogrammi più noiosi del globo - con una spiccata preferenza per il cinema lusofono - da Roma dove condivide una cantina, in branda singola con tanta acqua e poca luce, con Enrico Ghezzi. Il rosso spelacchiato che non si capisce qualdo parla. Quest'anno il Torino snob festival presenta alcune gustose novità. La prima è che Ualter Ueltroni lancia il Roma Film Festival. Il che significa addio al primato della snobberia a Torino. Seconda chicca arriva da Oliva, non Bonito, ma Gianni l'assessore-storico alla cultura della Regione Bressa. "Troppi festival- dice lui - bisogna tagliuzzare sui fondi o incorporare le manifestazioni sotto un'unico cappello". Lo stesso copricaco proposto poco tempo fa dall'onorevole Ghiglia di Alleanza Nazionale, che pur di far fuori Cinema Gay si era inventato anche questa idea. Tant'è. Governo e opposizione, dopo la Tav, si trovano ancora una volta a braccetto. Altro che Grosse Koalition. Ma la gattamorta D'Agnolo Vallan, non ci sta. Né con Ghiglia, né con Oliva. La rassegna è mia e me la gestisco io. "Se fate l'ammucchiata, me ne vado". Ecco. Cazzuta, la Giulietta dei promessi sposi del lago di Avigliana. A noi non resta che metterci in coda per i film filippini accuratamente selezionati da Turigliatto forse per attrarre le colf qui presenti e sperare un giorno di trovare un impiego alla cassa del Torino snob festival.
Torna a casa Lapo, sistemali tutti!

domenica, novembre 13, 2005

Lesson N°15: liberiamo i babaciu


Torino in mutande per il sociale. E' scoccata l'ora della rivolta dei babaciu. Bruciamo anche noi le auto. Sia in centro che in periferia. E liberiamo i babaciu dal feticismo dei torinesi su quattro ruote. L'altra valida alternativa è sgusciare le vetture, aprendo una via di fuga per i simpatici pupazzetti ridotti da troppo tempo ormai a una degradante prigionia. Manco fossimo a Guantanamo.

Dalla Lapponia con Amore

dal vostro inviato a Jätkänkynttilä (circolo polare artico)

Carissimi,
ho i polpastrelli che ancora mi bruciano. Digito in fretta e furia da un minuscolo internet vodka-cafè della Lapponia finlandese in cui mi sono appena infilato. Fuori è tutto notte e gelo. Al posto delle mani mi pare di avere dei peperoni rossi di Carmagnola. A scuotermi l'intenstino però non sono le temperature siberiane, bensì il dramma di un uomo confinato ingiustamente in una riserva Sami. Qui sconta le sue pene Lapo Elkann. Il giovin rampollo esiliato dalla famiglia Agnelli nel luogo più freddo e inospitale della terra. Giovedì, dopo il successo della manifestazione "Torna a casa Lapo", il cellulare ha preso a vibrare. Prima le minacce, poi tentativi per comprare il mio silenzio-assenso. Infine una chiamata internazionale. La comunicazione è spezzata, c'è un brusio da barbecue che frigge le parole. Ma il tono è inconfondibile. E' Lapo dall'altro capo del telefono. Ringrazia di cuore. E anche se ha perso il suo leggendario smile, è cordiale e affettuoso. "Dentro Lapo, fuori Jaki", gli ripeto scemunito dall'emozione. Lui accenna una risata, ma un accento tipo sardo lo richiama scortese. Deve staccare. Mi consegna solo un'ultimo messaggio nella bottiglia, "Jätkänkynttilä", dice trafelato. Non ci penso due volte, salgo sul mia Grande Punto, e volo da lui. Il resoconto del viaggio, ve lo risparmio (ho perso anche i fari durante il tragitto), ma so di fare cosa gradita nel pubblicare brevi stralci di conversazione finnica strappati dal Lapo carcerato.

Lapo, come stai? Siamo tutti in pensiero. Pensavamo fossi in Arizona...
Ma che America. E' il solito depistaggio truffaldino del Lingotto. Mi hanno spedito quassù con un biglietto di sola andata per raffreddare i miei bollenti spiriti. Taglio la legna in una cascina di un vecchio sami. Non posso fuggire, altrimenti mi mandano davvero con Kate Moss in una clinica degli Usa.

Allora non è vero che tornerai presto in sella al Brand&Promotion Fiat?
Macché. Tutte balle. La claque Moggi, Jaki & compagnia bella mi ha fatto fuori. Se mi faccio rivedere prima del 2030 a casa, o in qualche salotto che conta, mi rifanno l'overdose.

Cosa vuoi dire? Lo scandalo è stata tutta una messa in scena?
Certo. E solo voi di Torino in mutande ve ne siete accorti. L'intervista che ho rilasciato a Max, di forti contenuti anti-trimurti juventina mi è stata fatale.

Si tratta di un episodio gravissimo. Lo dobbiamo denunciare?
No. No. Guarda, lascia perdere. E' tutto inutile. Non pensiamoci più. Anzi. Intanto che ci sei cambiati che ci prepariamo per un festino in casa Sami.

Posso tenere il reggiseno?
Basta che non lo dici a Patrizia.

lunedì, novembre 07, 2005

Fratelli coltelli


E' caduto dalla sedia Jaki Elkann quando è venuto a conoscenza della fiaccolata in omaggio a Lapo che si terrà giovedì sera di fronte ai cancelli del Lingotto. Segno che le proposte scomode fanno sempre rumore. E questa è proprio una bella schioppettata, capace di squarciare il silenzio anche tra i corridoi senza ossigeno del mausoleo-quartier generale Fiat. Si vocifera addirittura che qualcuno del marketing sia uscito dal bozzolo del letargo invernale. Ma il vicepresidente Fiat non ci sta. Ha preso in mano il palmare di ultima generazione e ha chiamato infuriato il team di Torino in mutande. "Bene -gli abbiamo detto - se vuoi dire la tua restiamo a disposizione. In caso contrario il blog non accetta interferenze nelle sue attività educative". Così nasce la breve intervista che pubblichiamo per i numerosi lettori e per tutti coloro (siamo già a quota 6) che hanno firmato l'appello per la liberazione di Lapo dalla segrete americane.

Ingegner Jaki, lei ama suo fratello?
In famiglia non siamo abituati ad esternare i nostri sentimenti a mezzo stampa.

Giusto. Ma questo è un blog. E suo fratello è stato cancellato dalla faccia della terra solo per una serata un po' bizzarra. Perché non lo aiuta?
E chi dice che non lo stia già facendo. Gli invio ogni mattina una cassetta di pane e burro, e anche qualche rivista di motori. Così quando tornerà in Italia, per il 2030, non si sentirà spaesato.

Le fanno così schifo i trans?
Preferirei non rispondere.

Allora si stava meglio con Saddam Hussein?
No comment.

Se venisse fuori che lo svizzero Marchione cappuccina e brioscia una volta a settimana con il ramo elvetico della famiglia Bin Laden, lo caccereste a pedate come con Lapo?
Non dica amenità.

Le sta proprio sui marroni suo fratello, neh? Lui bello, solare e colorato. Lei grigio e noioso. Avrà anche una moglie nobile e gnocca. Ma lei, caro ingegnere, sembra già un vecchietto appena 30enne.
Essere troppo pimpanti alla presentazione dei bilanci non è sinonimo di capacità manageriale.

Lei è omosessuale?
No. Cosa glielo fa pensare?

Il rossetto con cui si tinge le labbra.
Temo le intemperie e le screpolature di stagione.

Fatto fuori Lapo. Non le resta da buttare giù dalla torre Andrea Agnelli. Non si sentirà poi troppo solo?
No. C'è Moggi con me. Ora mi scusi ma la devo lasciare.

Quanti soldi avete lasciato in Lussemburgo con l'operazioncina Exor-Merril Lynch?
Clic.

domenica, novembre 06, 2005

L'uva passa


Stappano bute su bute di Barolo i lanzichenecchi della Langa. La piccola orda, immagazzinata su pulman o avviluppata in Mercedes d'annata, scala alla chetichella le colline partigiane. Sbronza di nebbia e profumi del Piemonte chic, l'accozzaglia nordica stacca assegni e compra qualche rudere sperduto. Una mano di vernice accompagnata dal manuale dell'architetto fai da te e la cascina de "La Malora" diventa una raffinata ed ecologica villetta con tanto di impianto fotovoltaico sul tetto. Il Torinese sta a guardare. Ride e gode delle vendemmia dei biondi. Aspetta a casa leccandosi il naso la ciucca da novello, proprio come fanno i francesi. Intanto occhiegga torvo i marocchini che sovrappopolano di baffi e bambini coranici la bella Porta Palazzo. Bell'affare. La bagna cauda mi esce dalle orecchie. Langhe e Roero prendono quota con la Borsa del tartufo e del vinello, mentre i turineis si contendono i sanpietrini con i maomettani. Tutto intorno le scosse della metalmeccanica fanno trattenre il sospiro anche al più coraggioso dei gianduiotti. L'uva passa, la Fiat no. Dondolano la labbra, ormai col turbante in testa, tutti i cittadini del capoluogo. Poco male. Ci pensano i popoli evoluti a popolare le campagne e a far soldi a palate sui Pavese, i Fenoglio, i formaggi e la vinaccia d'altura. Dalle nostre parti l'obiettivo è un posto per tutti all'alta velocità. sì sì schizziamo via.

venerdì, novembre 04, 2005

Torna a casa Lapo


Mai a braccia conserte, in attesa dei Tartari, fissando l'orizzonte. Questo Blog ha la schiena dritta e non ha timore di nulla. Perciò promuove col poco fiato rimasto in gola "Torna a casa Lapo", una campagna di solidarietà che vuole abbattere il muro di silenzio che cinge il quartier generale Fiat. Un atto dovuto per salvare un giovane dalle grinfie di una vita per bene. E allora tutti in piazza per la fiaccolata di giovedì 17 novembre alle 21 davanti al Lingotto, un evento organizzato dal team di Torino in mutande. Canteremo in coro e ci terremo per mano, pregando per un Suo ritorno al Brand&Promotion Fiat. Perché Lapolino lo merita. Se Fiat oggi ha ingranato la marcia giusta lo deve a lui e soltanto a lui. Per un paio di sniffate non si caccia via un manager di alto profilo. Per una bravata in compagnia di trans mattacchioni non si getta la croce a un fiorellino che deve ancora sbocciare. Un creativo tocca tutto con mano. Non può farne a meno. E poi chi non ha mai alzato una notte un po' il gomito scivolando in overdose? Qualcuno forse non ha mai indossato giarrettiere e parrucconi? Via, peccati veniali che capitano nella formazione del fanciullo moderno. Anzi. Giovedì diremo di più. Fuori Marchionne, e dentro Patricia come ad del gruppo. Un'azienda finalmente svecchiata, colorata e allegra. Per la gioia di Almodovar, degli operai in tuta arcobaleno e di tutti i coglioni che hanno ordinato la grande punto nei seguenti colori: nero cattivo, blu avventuroso, rosso passione. Et voilà, petits cochons!

giovedì, novembre 03, 2005

Ge-mi-to


Un triangolo. E' l'oscuro oggetto del desiderio dei pedemontani. Niente sesso, of course, siamo torinesi. Si parla invece del progetto più volte annunciato - a titolo cubitali - di integrazione regionale: Genova- Milano- Torino. Gridolini di piacere e sospiri umorali accompagnano mano nella mano la passeggiata di fantasia degli illustri strateghi del nord ovest. Il punto è questo: la Francia ci titilla l'ombelico con la sua erre moscia e Parigi è la fotocopia della Turin dei nostri sogni. Eppure in fondo in fondo preferiamo guardare a est. Altro che Tav e non Tav. Della Torino Lione non sappiamo che farcene. E' Milano che bramiamo. Sentimento di rivincita si dirà. Il tutto solo per strappare alla borghese meneghina il presunto maltolto (la moda, l'industria, la tecnologia). E oggi al parterre dell'Italia che conta i debiti vogliamo partecipare pure noi, ingobbiti torinastri. E così il Ge-Mi-To torna in pista, favoleggiando di porti, autostrade e aeroplani che ci consentiranno di fare decollare l'Italia intera.
Una bufala, se la ridacchiano, gli esperti. Ma in tanti se la godono in panciolle pensando quanto sarà bello quando i milanesi verranno a comprar l'alloggio, bello ed economico, sotto la Mole per fare i pendolari della velocità della luce. Intanto è partito l'utile volo (Air Vallée) Torino - Genova. Così chi trascorre vacanze avventurose a Pietra Ligure piomberà sull'uscio di casa in paracadute. A breve, ci auguriamo, verrà lanciata anche la tratta Torino-Villanova d'Albenga, dove il superministro Scajola ha aperto uno scalo che darà fiato all'economia esangue del ponente. Quando tutte queste opere saranno realizzate saremo tutti più felici e scorrazeremo per il novello triangolo delle Bermuda in attesa di smaterializzarci una volta per tutte.

mercoledì, novembre 02, 2005

Bang Bang Piemonte


Bogia nen a chi? Il Piemonte "always on the move" esce fuori dal bosco e fa sentire la sua voce. A suon di schioppettate. Quattro colpi di fucile, esplosi da un arzillo settantenne, Benito Dabellani da Chiaverano (Far west di Ivrea) hanno steso due chiassosi ragazzini 14enni. Nel mirino del vecchio anche la Festa di Hallowen con i suoi strascichi di petardi, mortaretti e relativo rompimento di marroni. Obiettivo centrato a metà. Uno dei puffetti dispettosi rischia di perdere un occhio, l'altro ha i polmoni perforati. Invece la ricorrenza anglo-americana non ha subito danni. Anzi l'arancio di zucca spopola nelle piazze più chic della Torino dabbene. L'increscioso fatto riporta alla luce il dramma dei pensionati dal grilletto facile. Messi alle strette dall'euro alle stelle e da casse previdenziali sempre più vuote, gli anziani hanno sotto il cuscino armi da caccia obsolete e fuori forma, che anche una fionda farebbe meglio. Sconcerto nel Canavese, mea culpa delle istituzioni ad Ivrea. Ma anche a Caselle il fuoco amico ha fatto furore. Il 22 ottobre nella cittadina dell'aeroporto, un disoccupato 34 enne ha svuotato il caricatore contro la moglie, tanto per ravvivare la fiamma dell'amore. Sullo sfondo anche un episodio di incuria dell'amministrazione pubblica. Infatti il tiro a segno di Pinerolo, di proprietà del demanio, è fuori uso. E nessuno fa nulla per ripulirlo e rimetterlo a nuovo. Uno scempio che spezza un'opportunità unica per migliorare la mira anche in provincia.

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