venerdì, marzo 31, 2006

Sonno lento

E' tutta uno sbadiglio questa stanca prima primavera torinese. Un sole senza polpa apre la bocca sulla città e si stropiccia tra giacche e cappotti ancora col bavero alto. Raggi di noia per colazione e piccole ombre si stampano oblique su palazzi e caffè. E pensare che. E pensare che. Il mezzogiorno di fuoco s'è consumato con l'ultima spallata dell'inverno. Brad Pitt calcava i marciapiedi di corso Moncalieri. Il mondo puntava il binocolo sulla Mole. Ora è il momento del brusco risveglio. Forse. In una città normale. Qui non ci sono occhietti che spuntano vispi dai piumoni. Tutti sotto le coperte. A rubare qualche minuto di sogno. Così si presenta il centro torinese in qualunque giorno feriale, un paesaggio degno del miglior Tanguy. Il vuoto regna sovrano, il mondo appare liquefatto ai piedi della Mole. La calma piatta invade anche gli automobilisti che hanno spento il clacson in attesa di tempi migliori. Avanti, prego, quel parcheggio l'ha visto prima lei. La zona blu è un deserto eccitante. La tendopoli di CioccolaTò ha il sorriso maligno di una cambiale.
E' davvero istruttivo vivere a Torino. In ogni città, in qualche momento storico, è piombata la nebbia della decadenza. Da noi, no. Decandenti lo eravamo anni fa. Oggi ci rimpiccioliamo. Lillipuztiani giorno per giorno puntiamo a diventare microbi. Piccoli inutili e selvaggi. Dice un vecchia ricerca condotta da un sociologo francese di cui non mi importa ricordare il nome che il corso naturale demografico di Torino sarebbe di 300/400 mila persone. Insomma la metà degli spiriti che passeggiano per via Roma. Il fiume in piena degli anni sessanta? Nient'altro che il frutto artificiale e avvelenato di mamma Fiat. Il fabbricone di Mirafiori ce la sta mettendo tutta per cacciarne un bel po'. Fantasmi del passato, mani callose ignoranti. Ma non è abbastanza. Urgono incentivi, buoni uscita. Non c'è più spazio per tutti.

venerdì, marzo 24, 2006

I moschettieri della tavola a cinque cerchi


Passata la festa, gabbato Gianduia. E il volano olimpico te lo canti e te lo suoni solo sulle pagine della Busiarda. Neanche il tempo di sbaraccare il circo dei Giochi 2006 che Atos Origin, multinazionale francese attiva nel settore dell'informatica con 5,5 miliardi di fatturato nonché partner a cinque cerchi nella gestione delle infrastrutture dei servizi It, saluta con i migliori auguri la sua storica presenza a Torino. Nella sede di via Vaninetti terrore e tremore gelano i 500 dipendenti dell'azienda. Eh già, perché i transalpini delocalizzano. Per andare dove, in Cina o in India? Macchè, Atos sale sul treno a bassa velocità per la Val d'Aosta, riducendo drasticamente investimenti e lavoratori nel capoluogo subalpino. I D'Artagnan nostrani restano orfani di un moschettiere prezioso, uno dei tanti che, secondo le astruse astrologie piemontarde, avrebbe messo fior di capitali nella Torino tirata a lucido per le post-Olimpiadi. E invece no. I primi a fuggire - o meglio a continuare la fuga, visto il fiume in piena di disivestimenti esteri dal pantano torinese - sono proprio quelli che hanno pasteggiato e brindato al successo della Ville Lumiere sul Po'. A luci spente verrebbe voglia di tirare il collo a qualche galletto, ma forse un calcio in culo lo meriterebbero quelli che hanno pompato all'inverosimile l'evento-miracolo senza promuovere adeguate politiche per un minimal-rilancio di questo disgraziato territorio.

Il primo della classe


Altro che Bielorussia. A pochi mesi dal traguardo elettorale, il sindaco Sergio Chiampaghigo corre gli ultimi metri della maratona per Palazzo Civico con l'oro già appuntato al petto. Gli avversari? Polverizzati al primo scatto ora agonizzano ai blocchi di partenza. Il Lukashenko della Mole vola verso la vittoria impegnato in dribbling leziosi e solitari. Attorno a lui solo un tribudio di consensi che fa spuntare dalla urne di maggio i fiori del plebiscito popolare. Nella Cdl regna il silenzio degli innocenti. E non si trova neppure un agnello sacrificale da mandare al massacro per l'appuntamento delle ammnistrative. I berlusconi boys con i gianduiotti nel taschino le hanno tentate tutte. Ma ovunque la strada appare sbarrata a doppia mandata. Prima con l'ipotesi di affidare la candidatura al truce esponente di An Ghiglia, poi a Ernesto Olivero, il patron del Sermig. Tutti inviti presto declinati con falsa cortesia. Oggi torna in auge la sfidante. Un' investitura rivolta al gentil sesso, con l'unico obiettivo di calmare i bollenti spiriti del partito delle quote rosa. Tanto la sconfitta è assicurata. Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, la mecenate chic, una e trina, che spaccia croste d'arte contemporanea su e giù per il Piemonte; Maria Teresa Armosino, sottosegretario a qualche ministero e Alessandra Ferrero di Forza Italia sono le fanciulle papabili per il jogging di primavera. Nessuna chance di piazzarsi davanti a Lui, l'uomo solo al comando che delle notti bianche ha fatto un credo. Già dai tempi della scorsa estate quando ha disdetto lettino, ombrello e sedia a sdraio ai Bagni "Fiorenzo" sul bel Sangone, rispondendo stoicamente ai brontolii della piazza e del cuore. Non ha chiuso occhio, Chiampaghigo, per seguire passo dopo passo il delicato passaggio di consegne della proprietà del Toro: da Cimminelli fino al tormentato arrivo di Urbano Cairo, quel tipo che sforna milioni di copie di giornali per signore. Non pago ha sfilato quattrini dal portafogli di Aem Torino, operazione ripetuto mesi più tardi per coprire il buco del Toroc, per dare uno sponsor alla dolce amata squadra del Filadelfia. E oggi nell'euforia olimpica il primo della classe ordina ai compagni torinesi di far festa all night long pure sotto casa sua, nella martoriata dalle gru piazza Vittorio. Torino la rossa non deluderà: crede nel rilancio della città grazie a Tav e CioccolaTò, nella serie A dei granata, nel maresciallo di quartiere. Più che un'elezione sarà un referendum: vuoi tu Chiampaghigo sindaco, oppure, ti va se Chiampaghigo fa il Bis? L'alternanza nel capoluogo non è un dovere, né un'opzione e tantomeno un valore democratico. Nell'accampamento sabaudo serve un generale, buono o cattivo che sia, l'importante è che non si muova dal suo scranno.

sabato, marzo 18, 2006

Lacrime a fiocchi


Stagione sciistica 2005/2006: Torino va in bianco. A mettere i sassolini nelle scarpe, lo zucchero nella minestra e sputarci i coriandoli in bocca, non potevano che essere gli odiatissimi meneghini. Eccallà, outra vez. Manco il tempo di calare il sipario dell'esperienza olimpica torinese sulle pallide note di Patti Smith, che la Camera di commercio di Milano, in collaborazione con Federalberghi, sforna i risultati di un'indagine sul turismo sulla neve tutt'altro che lusinghieri per le montagne piemontarde. In Italia il giro d'affari complessivo è in crescita (4,5 miliardi), 2 milioni e mezzo di italiani sono sfrecciati sulle piste per una bella settimana bianca (Lapo è escluso dal conto perché negli Usa) e ben 3,3 milioni a spassarsela almeno per un week end. Sì, ma dove? In basa allo studio il Trentino Alto Adige resta la regione leader con il 45% delle presenze, seguito dalla Valle d'Aosta e dall'Abruzzo con l'11% e Lombardia e Veneto con il 4%. Fanalino di coda il Piemonte (a breve la Sardegna ci sorpasserà) che precipita al 3% , un bel capitombolo rispetto all'8,7% del 2005. L'effetto olimpico più che un volano assomiglia a un boomerang sulla testa di Chiampaghigo, sindaco uscente e cadidato sfidante alle prossime gare comunali che si svolgeranno in quel di maggio all'Oval e che avranno come premio l'uso indiscriminato di targhe alterne su tutto il territorio. Se ovunque aumentano i vacanzieri mordi e fuggi, dal Piemonte si scappa con gli sci ai piedi. Tanto c'è il trampolino per spiccare il volo più in fretta. Pure chi ha un'immobile a Bardonecchia tenta di venderlo, ma invano. Secondo un rapporto Tecnocasa le compravendite sulle zone olimpiche sono crollate del 16%, mentre i prezzi si sgonfiano paciosi. Inutile aggiungere che la vocazione turistica di Torino e provincia non viene scalfita da questi numeri antipatici. Noi c'abbiamo già le notti bianche.

mercoledì, marzo 15, 2006

Colazione da Lapo


C'è tanta schiuma in questo grigio e freddo inizio primavera torinese che ci si potrebbe fare la barba e levare anche i peli dal naso e dalle orecchie. Invece no. Noi piemontardi nuotiamo divertiti nella fuffa, nelle bolle in bianco e nero della nebbia e ci scaldiamo al sole delle cartoline estive. Eh sì, nella girandola di voci post-olimpiche i galletti al di qua della Francia gonfiano il petto bianco e spelacchiato e sbrodolano salive di complimenti. "Milano, what? It's a village near Torino?": non c'è gianduiotto che non confessi uno scambio di battute con improbabili stranieri in assai improbabili viaggi all'estero che si concluda con le vive congratulazioni dell'interlocutore per la stupenda meravigliosa esperienza sportiva. Milano nessuno la conosce più. Secondo i nostri amici "Torino-è-tanto-bella-lo-dicono-tutti-ora-bisogna-essere-positivi" Milano è finalmente scomparsa dalle mappe geografiche. Non c'è più un cristiano al mondo che sappia dove diavolo si guadagnino da vivere i meneghini. "Maybe in Torino?". Sì sì così riferiscono. Easy Jet invece si è ricordata di Malpensa quando poche settimane fa ha soppresso il volo Torino Parigi per trasferirlo sullo scalo milanese. Piccoli imprevisti crescono. Si mormora che ora frotte di parigini si facciano paracadutare sulla Mole da bi-motori Tupolev noleggiati in Romania. Turin è oggi capitale del mondo e Milano no, tiè e giù col gesto del cornetto. Pardon, on dit croissant chez nous. Il grande duello si è finalmente risolto. A nostro favore, chiaro. I sabaudi gongolano, anche se i lombardi non sono al corrente della sfida. Non c'è nulla di più spiacevole del sorriso storto di un aristocratico decaduto, niente di più stantio e innaturale del perdente soddisfatto e medagliato. Per credere verificate in quel di Lisbona, con il loro mito del Quinto Impero, quando non hanno neppure un soldo per chiudere le favelas e costruire due strade dritte. Qui sembra di stare a Paperissima, musichette incluse. A noi non resta che prenotare rapidamente un posto nel centro di disintossicazione che il magnanimo e magnifico Lapo sta per aprire a New York.

sabato, marzo 11, 2006

Pupazzi di vita

La Mole s'è sbrinata. E con lei i ghiacciolini suoi algidi abitanti. Ad accendere il focherello della passione ci voleva un fatina bella bionda e giuliva (la principessina Christellona) proprio come quella dell' omino di legno fiorito sui rami di Collodi.
E ora, spiccato il salto dal trampolino olimpico, Torino chi la ferma più? La Stampa - primo quotidiano al mondo per vendite e autorevolezza - ha lanciato una sacrosanta campagna: Torino 2016, città ospitante dei Giochi a cinque cerchi estivi. Nessun dubbio che il Cio accetterà la proposta, ringraziando e genuflettendosi per tanta bontà. La pazza movida torinese ha conquistato i cuori di mezzo pianeta, la professionalità sabauda ha fatto impallidire giapponesi e tedeschi, il savoir faire galante dei piemontesi ha portato al collasso per invidia i cugini francesi. L'arma in più però si chiama volontariato. Gli oltre 20 mila valorosi che hanno prestato un servizio allegro, flessibile e indefesso alla causa, sono una risorsa da non disperdere. Dato per scontato che molti fra loro, ultracentenari, tireranno le cuoia entro le prossime ore, ci resta il serbatoio dei lincenziati e cassa intragrati di Fiat e indotto. Altra risorsa da non gettare al vento. Come i giovani sfornati dalle eccellenti facoltà torinesi. Disoccupati di lusso da impiegare per l'organizzazione di qualsiasi evento sulla faccia della terra che d'ora in poi si terrà a Torino. Tanto che al Pentagono si vocifera di un prossimo attacco all'Iran partendo dalle retrovie savoiarde. Lo spirito militare e ordinato (ma entusiasta) suggerisce l'istallazione di una base navale Usa tra Collegno e Rivoli. Anche il Festival di Sanremo finirà lungo le rive del Po. Del resto siamo più intonati dei liguri e i nostri fiori sono più colorati e profumano sempre di primavera, anche in pieno inverno. E perfino i mondiali di calcio assegnati alla Germania potrebbero fare marcia indietro. Davanti un così radioso futuro, ricco di felicità, denaro e visibilità planteria, accogliamo con gioia i suggerimenti del nostro Gabo Ferraris: convogliamo lo spirito olimpico, la voglia di fare festa e notti bianche, nella vita ordinaria. Torino è una gran città. Anche con le pezze al culo e le dentiere in bocca.

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